CASTEL DI SANGRO – ……(http://www.ecodelsangro.it/?p=8160)….
Finito il caffè, finita la pausa, si riprende il viaggio. Eccole li proprio dove le avevamo lasciate le nostre domande ci aspettano sul sedile.
Bentornati sull’ EcodelSangro Express, pronti a riprendere il nostro viaggio attraverso il mondo dell’università!
La paura più angosciante per uno studente alle prime battute della sua vita universitaria è quello che verrà dopo, paura fomentata sicuramente dall’instabilità economica di questo periodo. Il futuro dello studente dopo l’università purtroppo non è prevedibile al momento dell’immatricolazione in quanto è dipendente da numerosi fattori, politici ed economici soprattutto, che sono in continuo mutamento. I laureati che entrano nel mondo del lavoro vengono assorbiti fondamentalmente da tre tipi di occupazione: la stragrande maggioranza dei laureati finisce settore privato e della libera professione (dalle grandi ditte farmaceutiche allo studio di un avvocato) una parte trova impiego in enti statali a concorso e una parte inizia la carriera universitaria.
Le ditte private, i giornali, le case editrici eccetera sono soggette alle leggi economiche e del mercato (per le quali sarebbe necessaria una lunga trattazione sulla situazione economico-finanziaria in Italia, che devierebbe dai binari del nostro treno) quindi come tutte le professioni le modalità di assunzione e di permanenza sono a stretta discrezione dell’azienda. Invece i concorsi statali, dall’insegnante al magistrato, ormai sono così rari e così intasati che un novellino del mondo del lavoro ha enormi difficoltà nel raggiungimento di quei posti. Per questa semplice, ma sconvolgente ragione ormai gli enti statali danno lavoro ad un’infinitesima parte dei laureati italiani.
Infine la carriera universitaria, che fino a pochi anni fa era di sicuro la più desiderabile in quanto, anche se lunga, finisce per ripagare dando all’ex studente la possibilità di occuparsi di quello che preferisce. Si comincia con un dottorato post laurea di una durata media di circa 4 anni a cui segue, dopo un concorso pubblico, un periodo da ricercatore a tempo determinato che in circa tre anni si trasforma (generalmente) in ricercatore a tempo indeterminato. Il ricercatore è la prima figura di rilevanza all’interno dell’università in quanto oltre alla ricerca, il ricercatore ha anche mansioni didattiche.
Successivamente attraverso un concorso pubblico i ricercatori (terza fascia docente) riescono prima a diventare professori associati (seconda fascia docente) e poi, sempre tramite questi famigerati concorsi pubblici, professori ordinari, cioè titolari di una cattedra a vita. Questo sistema già barcollante e precario, e con non pochi problemi di trasparenza nei concorsi, è sicuramente il nucleo centrale delle scosse che fanno tremare l’Università in questi mesi grazie al cosiddetto DDL Gelmini.
Testo, approvato dal senato nel luglio 2010 e in discussione alla Camera in questi giorni, che si propone: la riforma degli statuti universitari, proponendo un sistema di tipo aziendale per la gestione dei professori, dei ricercatori, degli studenti e di tutto l’ateneo accentrando il potere ai vertici della gerarchia universitaria e togliendolo agli organi di elezione, inoltre prevede l’integrazione all’interno dei consiglio d’amministrazione di personale tecnico senza conoscenze in campo universitario ma con il preciso compito di gestire l’Ateneo (Titolo I).
Nel titolo II viene legittimata l’ingerenza statale, nella fattispecie del Ministero dell’Economia, che obbliga a delegare allo Stato la gestione della contabilità (per gli Atenei in dissesto), l’istituzione e la gestione di un Fondo per il Merito per il pagamento delle borse di studio (che va contro il diritto fondamentale allo studio impedendo alle università la scelta dei parametri di assegnazione e il controllo del numero di borse effettivamente assegnate N.d.A.), la gestione degli orari di didattica dei professione, l’attribuzione di finanziamenti ed altro ancora ed infine l’eliminazione dei ricercatori come terza fascia docente, nuove norme di assunzione basate su concorsi strettamente locali, nuove discipline per gli assegni di ricerca (necessari per diventare ricercatori) e per gli insegnanti (Titolo III).
Quest’eliminazione di fascia comporta l’eliminazione della figura del ricercatore a tempo indeterminato agevolandone la messa ad esaurimento. Questa manovra relega quindi la figura del ricercatore alla funzione di bacino per accogliere manovalanza intellettuale di cui solo una minima parte, viste la scarsità di risorse e l’enorme differenza di retribuzione tra ricercatore e professore, verrebbe assorbita dal sistema università, aumentando così solo le file dei precari universitari, problematica questa portata in piazza dai ricercatori a tempo indeterminato che rimarranno tali in quanto verranno scavalcati, a causa di un sistema di concorso che premia (com’è giusto che sia) anche l’età, da quei pochi ricercatori a tempo determinato, quindi più giovani in quanto il loro iter universitario conta una tappa in meno, che otterranno il posto da professore associato.
Dopo questo quadro apocalittico, all’orizzonte lungo la strada dell’EcodelSangro Express torna il sole,poiché ognuno è autore della propria storia e non c’è decreto che possa scalfire la voglia di fare e di cambiare dei passeggeri di questo treno. Ma siamo già arrivati?
Matteo Longo