JELSI – Tseten Samdup Chhoekyapa, l’autorevole rappresentante tibetano presso l’Unione Europea, incontrato a Roma dal Direttore Artistico della manifestazione Pierluigi Giorgio (FOTO) ed invitato ufficialmente dall’Assessore Marinelli, il Sindaco Ferocino e il Presidente del Comitato Sant’Anna Passarelli, da Ginevra giungerà a Jelsi per ritirare il 27 luglio il prestigioso Premio Internazionale “La Traglia” da consegnare successivamente a Sua Santità il Dalai Lama (impossibilito al momento a venire per immaginabili problemi di sicurezza). Nato nel febbraio 1965 in un campo di rifugiati nel Nepal vicino al campo base del monte Everest, seguì i genitori in fuga dal Tibet in India, seguendo il Dalai Lama in esilio. Laureato all’Università “Columbia” in giornalismo, dal 1985 ha lavorato per il XIV Dalai Lama, prima in India, a Londra e attualmente a Ginevra dove dal 2008 è diventato il braccio destro di Sua Santità Tenzin Gyatso.
Sua Santità il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, è nato nel ’35 da famiglia contadina in un piccolo villaggio del Tibet nord-orientale ed è stato riconosciuto all’età di due anni come reincarnazione del suo predecessore. I Dalai Lama sono le manifestazioni del Budda della compassione, che accettò spontaneamente di rinascere per servire l’umanità. Dalai Lama vuol dire “Oceano di Saggezza”. Tenzin Gyatso, all’età di 16 anni, con ancora nove anni di intensa educazione religiosa davanti a sé, avrebbe dovuto assumere i pieni poteri anche politici, quando la Cina nel 1950 invase il Tibet. Nel marzo del ’59, durante la rivolta nazionale del popolo tibetano contro l’occupazione militare si recò a Dharamslala, in India, futura sede del Governo tibetano in esilio. In svariate occasioni, ha tentato di aprire un dialogo con i cinesi che non hanno mai aperto un negoziato; ha anche continuato a viaggiare in tutto il mondo parlando, con eloquente efficacia, a favore di una comprensione ecumenica, di gentilezza e soprattutto, della pace nel mondo per cui gli fu assegnato nell’89, il Premio Nobel per la Pace.
Stefano Dallari, è nato a pochi chilometri da Reggio Emilia dove vive e lavora come dentista. Il suo primo incontro con il mondo tibetano avvenuto nell’82, gli ha dato l’opportunità di esaminare la salute dentale dei monaci buddisti del Ladakh. Folgorato dalla bellezza e dalla profondità della cultura di quella gente, ha proseguito questo rapporto che ama definire “innamoramento spirituale” con una serie di viaggi himalayani e con progetti umanitari: fra tutti il programma “ Aiutiamo i Tibetani a Sorridere”, che ha portato alla creazione di una “Dental Clinic” a Dharamsala, in India, sede in esilio del Governo tibetano. Amico personale del Dalai Lama, ha creato nel 1990, a Votigo di Canossa (RE) la “Casa del Tibet” visitata dal XIV Dalai Lama nel ’99 e affiliata con le altre “Case” nel mondo (Nuova Delhi, New York fondata dall’attore Richard Gere, Città del Messico, Parigi…)
I Monaci del Monastero Tibetano della Gaden Jangtse Federation Europe (sorto di recente nel Lazio a Cisterna di Latina per volontà del suo omonimo in India), prenderanno parte alla festività di S. Anna e alla serata del Premio Internazionale “La Traglia” con un programma molto fitto e affascinante. Già dal 26 luglio, parteciperanno al corteo di carri in grano che si snoderà lungo il corso principale di Jelsi, con alcune loro danze. Poi a Piazza Umberto I, n° 20, (locale dove sarà allestita una mostra sul Tibet ad opera della “Casa del Tibet” e del fotografo Luigi Fieni) inizieranno la seducente arte della creazione di un “Mandala” in sabbia colorata, rituale di cerimonia paziente di tradizione buddista, dedicata alla pace e all’equilibrio fisico sia degli individui che del mondo. Dopo un momento di raccoglimento presso l’Albero della Pace in piazza, la sera del 27 e a coronamento della manifestazione del Premio, gli stessi monaci Ghesce Antu, Lama Sonam Chodak, Lama Jampa Lobsang, Lama Urgen si esibiranno in uno spettacolo di danza, canto e musica a cura di Angelo Ricciardi. Al termine, distruggeranno il prezioso mosaico in grani multicolori che di norma, è disperso nell’acqua di un fiume quale insegnamento sulla vacuità della vita e il non attaccamento alle cose.
Definire invece il fotografo Luigi Fieni che esporrà alcune sue opere sul Tibet, è semplice; basta una parola: COLORE. E’ nel colore che ha origine e termina la sua professione. Nato a Velletri nel ‘73, fin da bambino mostrò una attitudine al disegno ed alla pittura; la sua grande attenzione al particolare unita ad una sensibilità artistica che via via andava delineandosi, hanno seminato nella sua anima un desiderio che l’ha portato a maturare delle scelte difficili e coraggiose. Nel ‘96, inizia a Roma la scuola di restauro. In un viaggio in Nepal, l’American Himalayan Foundation gli diede l’incarico di seguire il progetto di restauro. Nepal, Buthan, Cina: pitture, statue dorate dei Buddha, oggetti splendidi d’argento antico, capolavori d’arte orientale dove la mano discreta e la sapiente sensibilità artistica lasciano inalterata la volontà creatrice degli antichi maestri del passato remoto. Il fascino del silenzio himalayano lo porta a trovare nuovi mezzi per “raccontare” le sue esperienze come la fotografia ed il disegno fatto a matita riescono ad esprimere ciò che i suoi sensi percepiscono da questa sua esperienza unica. Nel suo blog scriveva “…ognuno di noi ha un desiderio nella vita. Il mio è quello di farvi vedere il mondo con i miei occhi e le mie mani…” È la ricerca del modo nuovo di comunicare che porta Luigi Fieni a fissare nello scatto repentino della fotografia quell’attimo fuggente che va colto.